La carta serba Tocca a Jovic fare un salto mentale che lo porti a dare continuità alle sue prestazioni

08/12/2023

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Luka Jovic non era la prima scelta del Milan nel ruolo di prima punta alternativa a Olivier Giroud. Il club rossonero, dopo che era sfumato l’affare Taremi, ha cercato una serie di soluzioni alternative che avessero una caratteristica: spesa minima. Il motivo era chiaro. Una volta saltato l’obiettivo principale, investire cifre a caso su nomi non di prima scelta non sarebbe stata una buona soluzione. Per qualcuno Jovic potrebbe essere tranquillamente un tappabuchi, ma la storia sportiva di questo giocatore merita una considerazione maggiore. Jovic ha 26 anni ed è uno di quei classici giocatori è rimasto schiacciato dal talento e dalla popolarità. Era la primavera del 2019, ossia soltanto 4 anni fa, e tanti organi di informazione scrivevano che il giocatore serbo era in procinto di passare al Real Madrid. Le voci si rincorrevano con sempre maggior vigore, finché d’un tratto, esattamente il 4 giugno 2019, il club spagnolo annunciò sul proprio sito ufficiale di essersi aggiudicato le prestazioni sportive di Jovic, per un corrispettivo di 60 milioni di euro in favore dell’Eintracht Francoforte. Sembrava l’inizio di una carriera scintillante ed invece da quel momento è iniziata una parte oscura della carriera del giocatore serbo. Che cos’è accaduto? Per capirlo bisogna analizzare il contesto in cui Jovic si era messo in luce. A Francoforte c’è un ambiente particolare, molto protettivo verso i giocatori. Non è un top club l’Eintracht e lì i tifosi sono particolarmente caldi. Per Jovic Francoforte è stato un perfetto trampolino sul quale arrampicarsi non con eccessiva fatica. Il problema è che non era ancora pronto per il salto in un club con pressioni diverse. Figuriamoci lo shock di passare da una realtà protettiva come l’Eintracht ad un ambiente di squali come quello di Madrid. Servono spalle grosse e un pizzico di malizia. Madrid, d’altronde, non è per tutti. Forse a Jovic avrebbe fatto bene giocare ancora un anno o due in Bundesliga perché avrebbe potuto completare la sua maturazione sia tecnica, sia soprattutto temperamentale. Madrid, per Jovic, è stata un frullatore impazzito, chiuso nel suo ruolo da un campione assoluto come Karim Benzema, uno che anche nelle partite di allenamento fa fatica a lasciare spazio agli altri. Il centravanti, insieme al portiere, è uno dei ruoli psicologicamente più complessi. Se stacchi e lo fai per un lungo periodo, devi trovare poi l’ambiente giusto e le motivazioni più alte per riattaccare la spina della tensione. Non è servito il ritorno a Francoforte, non è stata positiva (ma nemmeno negativa) la sua esperienza a Firenze in cui ha fatto anche buone cose, ma senza imporsi. Il sacro fuoco di 4 anni fa si è spento, ma la cenere continua ad essere ardente perché tutti coloro che hanno avuto modo di vederlo e di giocarci assieme ne parlano in termini importanti. Il giocatore c’è e non ha difetti. Dal punto di vista tecnico è un elemento di prim’ordine. Sa giocare bene con entrambi i piedi e pur non essendo altissimo (1,82) ha un’ottima elevazione. Ha senso del gioco, facilità nell’assist e qualità nelle giocate di prima. Gli manca quella cattiveria che, dai tempi del suo primo approdo in Germania, non si è più vista. Può essere il gol di sabato scorso contro il Frosinone un nuovo punto di partenza per Jovic? Non abbiamo certezze. Tuttavia, a 26 anni, il tempo dell’attesa è finito per il centravanti serbo. Senza continuità di rendimento e di tenuta mentale la sua carriera è destinata ad evolvere verso una rendita sempre minore. Se svolta invece tutte le porte sono aperte. Anche quelle di un possibile rinnovo di contratto a giugno.


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