Il senso di questa stagione Un’annata amara che, tuttavia, dovrà essere da monito per il futuro del Milan

26/05/2023

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Non è una stagione drammatica perché i drammi, anche nello sport, sono altri (fallimenti, retrocessioni, illeciti).Però è una stagione che deve essere pesata bene e che va analizzata senza sconti.
Massimo rispetto per le parole sportivissime e significative di Paolo Maldini nel post-gara del derby di ritorno, ma pensare che la stagione rossonera possa essere considerata positiva (addirittura da 8) con una qualificazione alla Champions League che, se arriverà, sarà figlia di una penalizzazione, non è un ragionamento che ci sentiamo di condividere. Maldini, dal canto suo, fa il dirigente e un dirigente deve sempre difendere il proprio lavoro ed il percorso della squadra.
Il rischio, tuttavia, è quello di non dare la giusta dimensione a quanto avvenuto in quest’annata. Sarebbe un errore marchiano.
In tanti parlano di rosa ma è difficile comprendere cosa c’entri la composizione dell’organico rossonero se si perdono tanti punti contro le piccole in campionato (ad oggi 29) e se si prendono due gol evitabili nei primi 10 minuti contro l’Inter nella semifinale di andata (che ha praticamente deciso la qualificazione).
C’è, semmai, da prendere atto del fatto che il percorso di crescita del Milan che, sin da gennaio 2020, è stato costante, nel 2023 ha subito una violenta battuta d’arresto. Parliamo di gioco, di modo di stare in campo della squadra, di mancata evoluzione di alcuni singoli.
Nel luglio 2020, quando Pioli veniva confermato da Gazidis sulla panchina del Milan, Stefano Borghi definiva la squadra rossonera la miglior squadra italiana. Quel Milan arrivò sesto in campionato ma con un girone di ritorno importante e con una qualità del gioco impressionante. La squadra segnava tanto e sapeva trovare motivazioni anche quando andava sotto (clamorosa la rimonta per 4-2 contro la Juventus in casa). Quei livelli di gioco sono durati a lungo fino ad evolversi in una squadra meno spettacolare, ma più pratica e maggiormente rientrante nella definizione di collettivo: il Milan 2021-22 che vince lo scudetto è una meravigliosa esibizione di squadra vera in cui tutti si sacrificano per tutti, sia in fase di possesso e sia in fase di non possesso.


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Subito dopo la vittoria del campionato però è entrata in crisi l’idea principale del “piolismo”: quel calcio uomo contro uomo ha iniziato ad essere meno efficace perché gli avversari hanno iniziato a non pressare più il Milan e, di conseguenza, a togliere profondità alla manovra rossonera. La qualità del pressing rossonero non è stata più la stessa perché il contributo in fase di non possesso degli attaccanti è stato meno sistematico.
Ne è nato, nel 2023, un Milan troppe volte spaccato fra difesa ed attacco (emblematico il modo in cui nasce il 2-0 interista nell’euro-derby d’andata), che ha difeso male e che, quasi sempre, ha prodotto poco sul piano offensivo. La manovra rossonera è diventata molto lenta contro le squadre chiuse e i gol su azione manovrata hanno iniziato a contarsi sulle dita di una mano.
La sensazione è che nella prossima stagione dovranno cambiare molte cose, sia nell’idea di gioco che è giunta ormai al crepuscolo, sia in alcuni interpreti principali, sia nella qualità delle seconde linee.

Capitan Uncino

 


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