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Al di là dell’offerta paventata dal suo agente, dovrebbe essere il Milan a salutare Calhanoglu a fine stagione.
Parliamoci chiaro: in quattro anni quante partite buone ha giocato? Pochine.
Certo in quelle rare volte ha fatto vedere di possedere valori tecnici notevoli, ma la continuità non è mai stata il suo forte. E nelle partite che hanno veramente contato raramente ha inciso.
Quest’anno è stato colpito da infortuni e Covid ma, purtroppo, raramente è stato decisivo. E nei campionati precedenti, salvo la seconda parte del 2019-20, ha sempre suscitato molte perplessità.
Per essere un numero dieci non è particolarmente prolifico in termini di gol e anche il numero di assist non va di molto oltre il minimo sindacale. Oltretutto, è arrivato come specialista nelle punizioni. Quante ne ha segnate in quattro anni?
Certo, recupera in difesa, si sbatte, copre le linee di passaggio. Ma è in fase offensiva che spesso latita in termini di personalità. E questi limiti si vedono soprattutto in mancanza di Ibrahimovic.
Ci sono state partite in cui avrebbe dovuto prendere in mano la squadra, il suo tasso tecnico glielo consentirebbe, e invece non ha brillato come avrebbe potuto.
Avesse un quarto del cuore di Kessie potrebbe diventare un vero Big, come indica lo stipendio che chiede. Probabilmente è il carattere la dote che gli fa maggior difetto.
Fosse vero che dal Qatar gli offrono un contrattone da 8 milioni netti all’anno, vada pure.
Ci chiediamo perché non sia richiesto da squadre di campionati ben più prestigiosi.
Però siamo sicuri che nella domanda c’è anche la risposta.
Ciao Chala, alla fine forse meglio così.
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