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Come si può non parlare del fatto della settimana, o forse, meglio dire del secolo? La famosa Superlega che ha addirittura oscurato la ribalta che si era preso il Covid da ormai più di un anno.
Non abbiamo mai visto così tante prese di posizione decise e tempestive da parte di organi istituzionali, addirittura di capi di governo, che giustamente in questo periodo di gravissima crisi sanitaria ed economica, hanno tempo pure di cazzeggiare con il calcio. Ma al di là di discorsi prettamente politici, quello che ci indigna maggiormente è il moralismo che serpeggia nel mondo di oggi.
Il tifoso ormai è sfinito, a meno che non vogliamo farci abbindolare da quelle poche decine che hanno protestato fuori dagli stadi, forse per indole alla contestazione, forse perché ignorano cosa sia oggi il mondo del calcio.
Diciamo che ai supporters diamo il beneficio della passione vera che porta a non ragionare in maniera oggettiva. Siamo meno propensi invece a sentire le sviolinate dello stesso mondo del pallone e di chi lo ha gestito negli ultimi anni.
Si parla tanto di meritocrazia, come se ogni anno vincessero squadre diverse; se la memoria non viene meno, basterebbe vedere i risultati nelle coppe e nei diversi campionati locali da 20 anni a questa parte. Se chi ha più soldi avendo più possibilità di ingaggiare i migliori interpreti, ha più probabilità di vittoria, il merito dove starebbe? Nell’aver più soldi?
La Champions ha soppiantato la vecchia Coppa dei Campioni. Prima esisteva il merito sportivo, partecipava chi vinceva la propria competizione nazionale. Oggi può esser merito sportivo arrivare quarti nel campionato di casa e magari vincere la coppa? E’ meritocrazia che la quarta della Serie A vince una coppa battendo la prima della Scottish League?
Si sono usati termini a casaccio in questi giorni e toni anche volgari, verso Presidenti di squadre gloriose che tengono su il carrozzone intero. Evidentemente alla Uefa credono che il pubblico sia affezionato al nome della competizione e non alle squadre che vi partecipano.
I dodici che volevano la SuperLega non sono obbligati a partecipare a nessuna competizione, se il mercoledì vogliono fare un torneo Birra Moretti, nessuno glielo può impedire. Sono le squadre di calcio, mantenute da proprietà e non dalla Uefa, a produrre spettacolo, mica chi organizza l’evento.
Ma peggio degli organi calcistici, ci sono gli stessi addetti ai lavori che, come sempre, sembrano vivere nel loro mondo, un universo parallelo.
Certo che anche noi dovremmo aver più comprensione verso una categoria dotata di talento calcistico, ma di poco intelletto. Parlano di un calcio che deve rimanere un sogno, dimenticandosi che sono gli stessi presidenti che hanno cercato un’alternativa per continuare a pagarli profumatamente a fine mese.
Tutto questo sciame di moralismo imperversava sui social, ma mai una voce che magari poteva far riflettere sul loro mondo dorato, neanche per sbaglio; non si è sentita una lontanissima proposta di tagliarsi lo stipendio. Non sia mai, vade retro Satana. Tutti bravi a parole, ma non toccategli il portafoglio.
D’altronde che calcio da sogno sarebbe senza i 30 milioni annui che percepisce Neymar? Belle le parole di Klopp e Guardiola, ma certi moralismi me li aspetto da allenatori di serie B che prendono un centesimo di quello che incassano i due super coach.
Naturalmente non si è lasciata scappare l’occasione di far la solita figura, nemmeno l’encomiabile classe “pennivendola”, che stranamente in quei giorni ha evidenziato i diversi problemi economici delle big italiane, con stipendi non pagati, plusvalenze ed esami di cittadinanza truccati.
Incredibilmente nel giro di 24 ore è venuto fuori tutto quello tenuto nascosto in questi mesi, cosa non si fa pur di screditare la SuperLega. Sì, perché da domenica sera quando è uscito il comunicato, dalla Uefa sono volate parole grosse e se ci fate caso, parlano sempre di “sistema”. Insomma, come una vera e propria organizzazione mafiosa.
Fortuna che c’è anche gente che non le manda a dire, e che sia un odioso come Conte è tutto dire, ma almeno non si è abbassato alle solite dichiarazioni di facciata acchiappa like, dicendo chiaramente che Ceferin e combriccola, incassa ma non partecipa più di tanto nel mantenere il calcio aiutando le società calcistiche che hanno voragini nel bilancio.
A lui si è accodato Koeman, ma sono rarissimi gli interventi intelligenti su questo caso. Però il calcio ricordatevi che deve essere un sogno, come quello vissuto dai 6000 operai circa, morti per far in modo che si giochi un Mondiale nel Qatar a dicembre. La Fifa non lo fa mica per i soldi, ma perché in Medio Oriente con tutti i problemi che ci sono, c’è bisogno del calcio dei ricchi per appianare i conflitti.
In questi giorni abbiamo capito che solo la Champions League incarna gli ideali sportivi, l’Eurolega di basket o il campionato NBA sono solo discipline prive di valore con competizioni che non fanno sognare i tifosi.
Abbiamo capito che negli Stati Uniti non esistono sport, non c’è passione come qui in Europa dove siamo pieni di benefattori, lì giocano solo per i soldi.
E allora evviva le commissioni da 20 milioni ai procuratori, agli stipendi che ormai si avvicinano sempre più a cifre con sette zeri. Viva il calcio spezzatino, quello dei tifosi a casa, quello della categoria calciatori che dinanzi ad una catastrofe senza precedenti a livello economico, si è rivolta ai sindacati per non perdere un euro che li aiuta ad arrivare a fine mese. Viva l’ipocrisia di questa casta capace di far odiare pure l’unica cosa a cui ci si appiglia ti questi tempi, il calcio.
Aspettiamo al varco gli “imbecillers” alla prossima campagna acquisti, quando scommettiamo si presenteranno sotto le varie sedi a protestare se sarà venduto il campione della propria squadra del cuore oppure se non sarà effettuato l’acquisto dell’atleta dei sogni per rinforzare la propria compagine.
Finita la polemica inutile contro i muli, ce ne sarebbe da aprire un’altra sul Milan, la nostra squadra del cuore, la motivazione di gioie e dolori per molti fratelli di tifo.
Con la sconfitta infrasettimanale ci troviamo probabilmente a salutare anche per quest’anno la qualificazione alla prossima Champions League. Inutile girarci attorno, il calendario ci mette davanti alla cruda realtà, non siamo ancora pronti, e chissà quando lo saremmo, sperando di non festeggiare i dieci anni di assenza dalla competizione.
E’ vero che pure dovesse succedere il miracolo, non siamo neanche sicuri che ci facciano partecipare visti gli ultimi avvenimenti. Siamo ormai il lupo cattivo e non ci chiamiamo City e PSG che godono di trattamenti speciali essendo gestite da persone limpide e generose. Sempre meglio mandare chi altera i calendari a proprio piacimento o si improvvisa esaminatore di tamponi.
Forse dovremmo aspettare il Florentino Perez di turno che ci tiri fuori dalla melma, perché se attendiamo che Elliott capisca che senza investimenti importanti si rimarrà nel limbo, salvo qualche sporadica occasione, ne passerà di tempo.
FVCR
YouRedBlack