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C’è una strana moda in giro per la quale di tanto in tanto bisogna prendere di mira un giocatore, magari in un periodo stagionale nel quale la sua condizione psicofisica non è al massimo ed è quindi facilmente inchiodabile su un immaginario banco degli imputati.
In queste ultime settimane, in casa rossonera, tal sorte è toccata al capitano Romagnoli, sul quale ha iniziato a gravare l’accusa di non essere un campione, bensì soltanto un giocatore che non ha mai fatto finora il salto di qualità.
I termini della questione dipendono esclusivamente da un punto di partenza erroneo: Romagnoli poteva e doveva crescere in questi anni ed infatti è cresciuto, migliorando le sue prestazioni e il suo bagaglio di esperienza.
Se, tuttavia, qualcuno ha pensato che Romagnoli potesse essere l’erede di Alessandro Nesta (da sempre l’idolo personale del difensore romano), ha commesso un grave errore di valutazione sul giocatore.
L’attuale capitano rossonero non ha mai avuto né la classe cristallina, né l’esplosività, né tantomeno il talento di Nesta, che rimane un vero e proprio unicum nella storia del calcio italiano come difensore centrale.
L’ex numero 13 rossonero è un giocatore forse irripetibile ed usarlo come termine di paragone con Romagnoli rischia di essere un boomerang atto a non determinare giudizi sereni e onesti sull’attuale numero 13 rossonero.
Alessio Romagnoli è arrivato al Milan nella seconda parte dell’estate del 2015. All’epoca in tanti sostennero che il prezzo fosse sin troppo alto per un giocatore che aveva soltanto un anno da titolare in Serie A.
I fatti hanno smentito queste opinioni, perché Romagnoli è diventato un giocatore molto importante nello scacchiere rossonero, tanto da essere un punto di riferimento per tutti gli allenatori che sono stati sulla panchina del Milan in questi anni.
Alessio è diventato un giocatore fondamentale con Mihajlovic ed ha poi proseguito nel suo percorso di crescita con Montella e con Gattuso. Infine, dopo la partentesi di poche settimane con Marco Giampaolo, è diventato uno dei leader della squadra allenata oggi da Stefano Pioli.
Come in tutti i rapporti duraturi nel tempo non sono però mancate le critiche (normali nel calcio italiano) e i periodi complicati nei quali la figura del difensore centrale romano è stata messa in discussione.
Il problema sta a monte: Romagnoli era un interessante progetto di difensore centrale (in molti dimenticano che Alessio è un ex centrocampista) che, nel tempo, è diventato un buon difensore centrale con discrete prospettive di crescita, ma non è mai stato un potenziale top player nel suo ruolo.
I suoi limiti rimangono legati alla marcatura stretta. Romagnoli infatti, per usare una terminologia legata al “calcio antico” è più un libero che uno stopper e per mostrare meglio le sue qualità, ha bisogno di avere a fianco un giocatore che lo sgravi da certe incombenze.
Questo significa che se il Milan vorrà puntare su di lui nel prossimo futuro (vista l’età può soltanto crescere), dovrà affiancargli un difensore centrale rapido e particolarmente bravo nella marcatura stretta.
L’identikit di Tomori è perfetto da questo punto di vista. Il riscatto del centrale canadese pare ideale per creare con Romagnoli una coppia stabile e duratura. I due vanno visti come complementari e non alternativi perché una difesa forte ha bisogno di due centrali con caratteristiche diverse.
Capitan Uncino
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