Il dilemma Leao Ha talento ma il suo impegno è inqualificabile, per la rabbia dei tifosi

05/03/2021

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Per parlare di Leao bisognerebbe rispolverare una vecchia frase che le maestre scrivevano una volta sulle pagelle: “si vede che è intelligente, ma non si applica”.
Nel caso del portoghese, la si potrebbe attualizzare in “si vede che ha talento, ma è indolente”.
Se uno spettatore anche non tifoso ha negli occhi il gol contro il Benevento, pensa che il giocatore abbia gran scatto e piedi fatati.
Se invece gli si fa vedere la partita contro l’Udinese, pensa invece che il portoghese sia una pippa clamorosa. Nessuna proposizione, statico, inutile, corsa fluida ma improduttiva.
Dr. Jackyll e Mr. Hide, insomma.
C’è chi tira costantemente fuori il discorso della giovane età come scusa per qualsiasi cosa. A costoro vorremmo sommessamente ricordare che Se Leao è del 1999, un certo Haaland è del 2000, e ci pare che abbia un rendimento molto diverso.
Certo, i giocatori non hanno caratteristiche simili, ma l’impegno e la grinta che ci mette il norvegese è mille volte superiore. E la sua cattiveria in area lo fa già considerare un campione.
“E’ giovane e deve crescere” è una frase che dopo due anni di Milan non ha più molto senso.
Vederlo svagato che pascola per il campo come contro l’Udinese – ma anche in tante altre partite – fa solo arrabbiare, quando si vorrebbe che avesse assorbito un decimo della grinta di un Rebic o un centesimo di quella di Ibrahimovic.
Diciamolo chiaro: attualmente viene schierato dall’inizio solo per mancanza oggettiva di alternative. Se no starebbe sempre comodo in panca a pensare al suo disco rap in uscita.
Peccato perché avrebbe i mezzi fisici e tecnici per emergere e diventare un vero giocatore di calcio come Aubameyang. E invece assomiglia sempre di più a un Niang qualsiasi.

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