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Con i giovani non si vince. E’ da sempre uno dei proverbi non scritti del calcio. A memoria, le eccezioni sono pochissime e nessuna nei campionati che contano, come Premier League, La Liga, Bundesliga e Serie A. Il resto è contorno.
Il Milan è oggi una sorta di miracolo, ma per arrivare dove è ora ci sono voluti gli innesti determinanti di Kjaer e Ibrahimovic giusto un anno fa. E per convincere una dirigenza “riottosa” c’è voluta la debacle di Bergamo, dove finalmente si è capito che con una squadra di pulcini bagnati – ancorchè talentuosi - non si va da nessuna parte.
E con i due “nuovi” arrivi è partita una cavalcata memorabile che ci ha portati al record di punti continentale nell’anno solare 2020, e in testa alla classifica.
Ma, a ben vedere, stiamo andando ben oltre i nostri limiti. Va bene crescere talenti, ma quando poi si tratta di gare decisive, quelle da dentro o fuori, quelle da vincere a tutti i costi, rischiamo di fare come contro il Rio Ave.
Ha ragione Ibra: non basta la fame, è una questione di mentalità. E andando avanti nella stagione rischiamo che questo limite emerga prepotentemente.
Guardiamo la Juventus che ci ha battuto. Sulla rosa che aveva vinto il campionato ha inserito ha inserito gente come Morata, Chiesa, Kulusewsky, Arthur e McKinney. Un giusto mix di talento e di esperienza. Il Milan invece ha portato a Milanello, tra gli altri, Hauge, Salamaekers, Kalulu, Dalot e Tonali. Talento sicuramente, ma esperienza zero. E questo è incontrovertibile.
Se guardiamo ai bianconeri, ma anche all’Inter, emerge chiara la nostra gioventù, sinonimo magari di entusiasmo, ma anche un diverso grado di maturazione psicologica e tecnica.
Il nostro centrocampo è composto da Kessie (1996), Bennacer (1997), Tonali (2000) e Krunic (1993), dove quest’ultimo è il più scarso. In questo reparto, liberatici della cariatide Biglia, c’è la necessità di un giocatore di qualità ma soprattutto di esperienza. Uno che sappia entrare intelligentemente nei meccanismi di Pioli ma anche dare il suo apporto. Uno che faccia il Van Bommel 2.0. Non necessariamente un campione, ma un uomo d’ordine che sappia dare tranquillità ai compagni.
Maldini e Massara – su input di Gazidis – sembrano invece voler puntare al solito giovane talentuoso sperando in un altro colpaccio alla Theo Hernandez. Ma non è che vada sempre bene.
Delle volte è meglio andare, almeno in questi ruoli, sull’usato sicuro.
Quello che però ti porta alla vittoria.
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