Pioli è un valore aggiunto Con lui questo Milan è diventato grande, ma c'era chi non lo voleva

04/12/2020

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Da mesi si tessono le lodi di Stefano Pioli, strameritate, ma è giusto ricordare che la sua presenza è frutto quasi più del caso che di una precisa strategia.
E’ infatti arrivato in rossonero quasi per caso, in sostituzione del disastroso Giampaolo, e ha cambiato faccia e pelle ad un Milan che sembrava avviato ad una stagione a dir poco disastrosa.
Erano i primi di ottobre del 2019, e i rossoneri erano una squadra a dir poco allo sbando. I tifosi, che all’epoca popolavano ancora gli stadi, chiedevano a gran voce la sostituzione del Maestro che, con il suo calcio cervellotico e le sue insicurezze, inanellava figuracce ad ogni partita.
Pioli non era certo in testa alla lista dei “papabili”, era forse il quarto o quinto tra i disponibili, e solo il rifiuto di Spalletti e di altri convinse la dirigenza rossonera della necessità di un traghettatore, uno che riportasse un minimo di serenità nell’ambiente.
In una manciata di partite si rese conto di quali erano le problematiche della squadra e dialogando con la dirigenza – Maldini e Boban su tutti – evidenziò che serviva un cambio radicale con alcune scelte, tra cui il rinunciare a Suso e all’inconcludente Paquetà.
Ma all’epoca i giocatori erano quelli, la dirigenza abbozzava, e solo dopo la batosta di Natale (5-0 con l’Atalanta), si diede il via libera alla rivoluzione che portò in rossonero Kjaer e soprattutto Ibrahimovic, da sempre osteggiato da Gazidis per via dell’età e dello stipendio.
Quello che è accaduto nel 2020 è sotto gli occhi di tutti. Ma per mesi ancora non bastava per la sua conferma, avvenuta dopo l’infinita querelle per lo stratega KKK e che avrebbe portato all’addio di Boban. Poi i risultati hanno fatto premio, per fortuna, sull’ideologia.
Pioli nella sua carriera è sempre stato un allenatore disposto ad entrare in corsa, a cercare di rimettere in sesto i cocci lasciati da qualcun altro. E in questo è sicuramente bravo e bisogna dargliene atto. In tanti mettevano però in dubbio la sua capacità di condurre una squadra fin dall’inizio, citando gli esempi di Inter e Fiorentina.
Fin dalle qualificazioni di Europa League Pioli ha smentito i detrattori, facendo ripartire il Milan dalla serie vincente del campionato precedente e portandolo in vetta alla classifica.
Certo, avere in squadra Ibrahimovic e Kjaer aiuta, visto che il lavoro dello svedese va ben oltre i 90 minuti della partita. Però bisogna dare atto che non si diventa una squadra vincente se l’allenatore non ha le capacità di creare il gruppo, dargli le giuste indicazioni e fornir loro un gioco efficace che ne esalti le caratteristiche. Oltre che far confidare i giocatori nel progetto.
E i numeri strepitosi parlano per Pioli: su 51 gare ha ottenuto 29 successi (il 56.6% del totale), 15 pareggi (29.41%) e solo sette sconfitte (13.73%). In campionato è in striscia positiva da 29 gare. Infine, il Milan con Pioli ha segnato 100 gol complessivi, per una media di quasi due a partita.
Non male per uno che ai piani alti di via Rossi non volevano riconfermare.
Se poi arrivassero dei rinforzi...



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