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A volte capita di chiedersi “che cosa sarebbe successo se?”. Ed ancora più spesso succede di desiderare di poter tornare indietro per rivivere un evento, eliminando un impedimento ostativo e rifare quindi lo stesso percorso senza l’imprevisto.
Si tratta delle cosiddette “porte girevoli della vita”, che sono perfettamente rappresentate dalle porte di una metropolitana che si chiudono, presenti come metafora in un film molto famoso girato alla fine degli anni 90.
Si intitolava “Sliding Doors” e, in esso, la straordinaria recitazione di una bellissima Gwyneth Paltrow ha dato modo al regista di rappresentare in maniera esaustiva gli aspetti più singolari e bizzarri della realtà controfattuale.
Anche lo sport non è ovviamente escluso da questo tipo di discorsi; nel calcio poi, lo sport più episodico per definizione e per status, questo tipo di situazioni sono abbastanza frequenti e ci sono momenti che rappresentano snodi cruciali.
Bisogna riuscire a tornare indietro con la memoria al 2 aprile 2019, ossia esattamente ad un anno e mezzo fa. Il Milan è ancora quarto in classifica, ma Gattuso ha percepito che è necessario cambiare qualcosa rispetto al classico canovaccio andato in scena fino a quel momento.
E così, dopo la seconda sconfitta consecutiva (a Genova contro la Sampdoria, dopo aver perso il derby con l’Inter appena due settimane prima), l’allenatore milanista pensa che quel Milan ha bisogno di maggiore verticalità e presenza in area per pungere davanti.
Fa così un salto con la memoria ai lontani tempi andati, quelli in cui, da giocatore, aveva avuto la fortuna ed il privilegio di giocare in un Milan ricco di qualità e di voglia di stupire ed opta così per il modulo “storico” del Milan, quello col trequartista e le due punte.
La prima mezz’ora di partita contro l’Udinese non è indimenticabile, ma è significativa. La squadra dà finalmente una sensazione di pericolosità nuova, diversa, tiene bassi gli avversari e viene esaltata dalle giocate geniali del brasiliano Paqueta.
Rimane negli occhi una palla che i tifosi del Milan non vedevano da troppo tempo: una splendida verticalizzazione in campo aperto, di sinistro, per Cutrone, col giovane centravanti rossonero che si vede negare la gioia del gol solo da un grande intervento del portiere friulano.
Il Milan non fa cose trascendentali, ma quella struttura con due punte più Paqueta crea finalmente le bollicine e gli avversari dei rossoneri percepiscono che la pericolosità dell’attacco del Milan è molto diversa rispetto al solito.
In un contrasto di gioco però, il ragazzo venuto dal Flamengo (che in quei primi mesi di Milan aveva impressionato tutti) si fa male. Prova anche a rientrare in campo, ma la caviglia duole e lo sguardo di Paqueta sono più emblematici di tante parole.
E così, in quel preciso momento, finisce l’avventura di Paqueta al Milan. Dopo l’infortunio torna in campo senza stare ancora bene e si fa espellere contro il Bologna; poi finisce la stagione, arriva Giampaolo, inizia ad essere messo in discussione, si incupisce e finisce in un cono d’ombra dal quale non riesce ad uscire nemmeno con la guida paterna e bonaria di Stefano Pioli.
Nei fatti l’avventura di Paqueta al Milan è finita in quel giorno di aprile del 2019, dopo la mezz’ora più bella giocata con la maglia rossonera addosso. Che cosa può essere avvenuto nella testa del ragazzo per determinare una rottura così profonda con l’ambiente rossonero?
Probabilmente il ragazzo, che aveva ed ha qualità tecniche di primissimo livello, è arrivato in Italia senza avere ancora raggiunto quella maturazione necessaria per reggere l’impatto delle pressioni di una realtà metropolitana come Milano.
E così, alle prime difficoltà, alle prime critiche, non ha reagito da giocatore vero; si è chiuso in sé stesso, è rimasto vittima del suo talento che, non incanalato in un contesto di squadra, è diventato quasi un lusso per un Milan che nell’ultimo anno ha sviluppato invece un’idea di gruppo molto forte.
Di certo, rimane il dubbio su quell’infortunio del 2 aprile 2019. Magari il rapporto fra Paqueta ed il Milan si sarebbe incrinato lo stesso, ma chi ricorda bene i primi 3 mesi del brasiliano in rossonero non può non avere qualche dubbio e farsi avvolgere da qualche domanda albergante nella realtà controfattuale.
Capitan Uncino
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