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Il mondo del calcio dovrebbe pensare e ripensarsi dopo questo primo periodo post-lockdown.
Questo è un articolo a sfondo populista, ma che vuole fare riflettere. La premessa è necessaria.
Per mesi i media hanno fatto da cassa di risonanza al mondo del calcio, parlando e raccontando con tanto di esempi concreti quanto il calcio sia centrale nella vita del nostro Paese e che l'industria del pallone regga l'intero sistema sportivo italiano.
Perfetto.
Abbiamo persino tentato di raccontarci che c'era un reale "pericolo depressione" per il calciatore durante il lockdown, come se tutti gli altri lavoratori invece fossero felici e sereni, come ha raccontato in parlamento anche Andrea Bocelli e il suo disagio.
Parliamo poi della dialettica con il Ministero della Salute, delle pratiche sanitarie, dei protocolli derogati che poi sono stati estesi ad amici e conoscenti in barba alla necessità di tutti gli altri?
Non possiamo poi dimenticare quanto i giornali sportivi hanno dipinto una situazione irreale, solo per la paura di restare senza lavoro, nonché di come fosse fondamentale in questa fase rallegrare il "popolo", ovviamente onorando i diritti TV.
Tutto interessante, ma poi ci si scontra con le solite piccolezze.
Quando sentiamo allenatori isterici lamentarsi del calendario, come hanno fatto Conte o Sarri, sarebbe utile che il calcio rispondesse con fermezza, perché il mondo è cambiato e non solo per loro e le manie di persecuzione.
Il mondo è diventato un inferno, zero turisti, alberghi e attività chiuse che rendono la fontana di Trevi una fontana qualsiasi e non uno studio naturale per aspiranti fotografi, c'è chi ha perso amici e parenti, chi è stato male, chi ha lavorato per farci stare bene.
Il calcio non può liquidare con un minuto di silenzio tutto quanto e poi permettere che dei frignoni piangano per calendario e sacrifici.
Non se lo può permettere perché è in gioco la credibilità di tutti.
I carri di salme di Bergamo non possono venire dimenticate così in fretta, le casse integrazioni scambiate per un rigore non dato.
Non si può, non può essere permesso tutto questo.
Eppure, stranamente, non ne parla nessuno.
Veramente strano.