Una scelta prudenziale La proprietà del club opta per la conferma di Pioli; troppi rischi con Rangnick

24/07/2020

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Difficile immaginare cosa possa essere successo nelle ultime ore. Ragionando sui fatti è possibile solo ipotizzare che la scelta finale sia stata presa dalla proprietà americana del club, la famiglia Singer, che in queste ultime settimane non può non aver percepito l’attuale dimensione del Milan.
La squadra rossonera ha macinato 34 punti in 16 partite nel girone di ritorno, con una media di oltre 2 punti a gara. Nelle ultime 9 partite la media punti è stata praticamente da scudetto e la squadra è andata al ritmo di 3 gol segnati ogni partita.
In più, non bastassero i numeri positivi a favore del lavoro fatto da Stefano Pioli, ci sono gli attestati di stima da parte dei giocatori giovani, c’è l’apertura di credito di un personaggio totale come Ibra, c’è un gruppo unito e compatto che ha fiducia assoluta nel suo tecnico.
Perché, quindi, buttare a mare tutto questo per tentare un’avventura nuova, di certo stimolante, ma che non partirebbe né con i favori del pronostico né con una critica positiva visto che l’attuale allenatore del Milan sta facendo così bene?
Forse l’esperienza dell’anno scorso ha insegnato qualcosa ai proprietari del club che hanno visto mandar via un allenatore (Gattuso) che aveva in pugno la squadra e che era arrivato ad un’inezia dall’obiettivo stagionale, per cavalcare un progetto stimolante, ma con troppe utopie.
E così, fra un dirigente tedesco senza alcuna esperienza in Italia e senza alcun attestato di partecipazione fuori dalle mura germaniche, si è scelto di confermare Stefano Pioli ed una struttura societaria che, nel tempo, pare aver trovato una sua stabilità ed anche un suo equilibrio.
Stabilità reale o presunta? Proprio su questa dimensione si giocano i destini della prossima stagione milanista. Al club rossonero manca da troppi anni una unità di intenti ed una coesione interna che sono presupposti indispensabili per creare un ciclo in Italia.
La figura del manager tedesco Ralf Rangnick portava senza dubbio con sé il fascino della scoperta di un modo nuovo di fare calcio, di una rivoluzione copernicana degli usi e dei costumi del calcio italiano, di uno shock epocale al nostro sistema.
Portava tuttavia anche una serie di rischi medio-alti, legati ad una cultura di campo totalmente nuova che, in qualche modo, avrebbe dovuto essere insegnata e poi implementata in un gruppo di giocatori tendenzialmente scettici perché legati ancora al vecchio allenatore.
Pensare inoltre di poter fare tutto ciò in un arco temporale brevissimo come quello che separa la fine dell’attuale campionato dall’inizio del prossimo (esattamente 40 giorni), era una pretesa assolutamente luciferina. Forse persino folle.
Meglio ripensare a certe scelte finché c’è la possibilità di farlo e gli americani, visionari negli affari, ma molto concreti quando di tratta di spese, hanno ponderato questa scelta, optando per la conferma in panchina di Stefano Pioli.
Anche perché, si sa, Rangnick a dicembre aveva un grande vantaggio: poteva arrivare in un Milan allo sbando, con tanti cocci per terra ed in cui costruire e implementare un sistema calcio sarebbe stato più semplice.
Adesso, partendo da una base molto cambiata come risultati e come giocatori valorizzati, sarebbe stato certamente molto diverso ed anche la scure della critica non avrebbe lasciato nulla al caso. Meglio quindi ripensarci e restare sulla strada vecchia. La continuità ed il merito d’altronde continuano ad essere due valori importanti. Nel calcio e nella vita.

Capitan Uncino



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