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Parafrasando la canzone di Claudio Baglioni Sabato Pomeriggio, potremmo arrivare a cantare strofe strappalacrime come:
“Senza te, morirei. Senza te scoppierei. Senza te brucerei, tutti i sogni miei. Solo senza di te, che farei, senza teeee?”.
E via singhiozzando.
Se siamo al punto in cui il totem svedese sta seriamente pensando di andarsene per via di una situazione societaria ai limiti del demenziale, abbiamo un problema.
La squadra ha cambiato passo solo dopo li suo arrivo. E anche se non è più decisivo come un tempo – né potrebbe esserlo – la sua sola presenza motiva in modo decisivo i compagni in campo.
Non è un caso se Rebic ha iniziato a dimostrare il suo valore da quando gioca di fianco ad Ibra.
Il Milan ha molti giocatori giovani, qualcuno di sicuro talento e su cui si può ipotizzare di costruire il futuro. Ma la loro crescita dipende anche da soggetti come lo svedese, che con il suo ingombrante carisma, funge da monito ed esempio.
Certo, avere Ibra in campo, con la sua mobilità limitata, impone scelte tattiche e tecniche.
Con lui si era anche avviato un discorso che l’avrebbe fatto passare dal campo a un ruolo all’interno dell’AC Milan.
Non vorremmo che però fosse messo in condizione di andarsene a causa delle comunicazioni societarie, particolarmente nebulose e destabilizzanti per tutto l’ambiente. A partire dal futuro nuovo allenatore.
E il twit "Do it with passion or not at all" lascia spazio a molte interpretazioni.
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