Il Mental coach si fa sentire L’arrivo di Ibra ha già cambiato l’atteggiamento della squadra
17/01/2020
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Lo avevamo scritto. L’impatto di Ibrahimovic non sarà solo in termini di gol. Tutt’altro.
Tutti abbiamo gioito perché a Cagliari in un amen ha segnato un gol, ne ha sfiorato un altro e il terzo è stato annullato per un lieve fuorigioco. Ma non è stato solo quello il suo impatto sulla squadra e il gioco.
Basta prendere in considerazione la sua naturale capacità di giocare di prima per vedere velocizzare l’intera manovra. E abbiamo visto finalmente Leao correre come sa, liberato dai tocchi sapienti dello svedese che ha poi portato i compagni ad emularlo.
Con l’età il gioco di Ibra si è fatto ancora più essenziale, e questo è il miglior esempio visivo che la squadra può avere.
Ma è soprattutto sulla mentalità e sulla concentrazione che Ibra svolgerà il suo ruolo.
L’abbiamo definito Mental coach proprio perché la sua disciplina, il suo modo di approcciare il calcio e la vita sono il miglior esempio che i nostri giocatori possono avere.
Giovani, con scarsa esperienza e spesso con un carattere fragile. Molti hanno qualità, certo, ma difettano di personalità. Ed è qui che interviene lo svedese.
Si è visto fin da subito che ha preso sotto l’ala protettrice Leao, che cediamo si lasci guidare ben volentieri. Lo farà anche con altri, che hanno decisamente bisogno di un compagno – non un allenatore o un dirigente – che con le giuste dosi di carisma gli infonda (che termine fideistico…) principi e motivazioni che facciano far loro un salto di qualità.
Non sappiamo se arriveranno altri giocatori – fosse per Boban ne verrebbero ceduti una parte cospicua – ma pensare che se i nostri giovani arrivassero ai livelli di un Theo Hernandez, non è un’utopia. Il materiale su cui lavorare c’è.
Adesso ci vuole tempo e allenamento.
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