Svolta tattica o svolta mentale? La difesa e tre e mezzo un’opportunità; lo scarso amor proprio dei giocatori una triste realtà

01/11/2019

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Non sarebbe una vera e propria novità per Stefano Pioli la difesa a tre e mezzo, ossia una finta linea e 4, con un difensore centrale bloccato nella posizione di terzino a destra ed un esterno mancino particolarmente offensivo dalla parte sinistra.
Già a Firenze, da allenatore della Fiorentina, l’attuale tecnico milanista aveva proposto una formula molto simile, con Milenkovic bloccato nella posizione di terzino destro e con Biraghi schierato dalla parte opposta.
L’idea pertanto di collocare Leo Duarte nell’inedita posizione di esterno destro difensivo non è così peregrina. Certo saranno necessari dei naturali tempi di implementazione ma, soprattutto contro avversari di livello, potrebbe diventare una costante tattica.
Al di là tuttavia di questi aspetti tattici particolarmente dettagliati, il vero interrogativo che il Milan di questa stagione dovrebbe porsi inerisce la testa dei suoi giocatori e la capacità di trovare stimoli veri, serietà nei momenti importanti e concentrazione ferrea in partita e negli allenamenti.
Nelle ultime due partite contro Lecce e Roma, la squadra rossonera avrebbe tranquillamente potuto portare a casa 4 punti. Con il Lecce la vittoria era ampiamente alla portata per le occasioni create e all’Olimpico, fino al gol dell’1-0 di Dzeko, il Milan aveva tenuto il campo con buona personalità.
Tuttavia, puntuali come orologi svizzeri, in entrambe le partite sono arrivati degli errori individuali abbastanza clamorosi per giocatori di Serie A che hanno la fortuna di militare in uno dei club storici più importanti e conosciuti.
Particolarmente singolari sono fra l’altro le palle perse da Biglia (in occasione del gol di Calderoni) e da Calabria (in occasione del gol di Zaniolo), in un momento della partita in cui l’avversario stava alzando il pressing ma non in maniera feroce.
Entrambi questi episodi denotano semplicemente uno stato emotivo e psicologico non molto buono da parte della truppa rossonera, capace peraltro di sciogliersi come neve al sole ai primi refoli di vento degli avversari, quando non alle prime avversità di una partita.


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Spirito di reazione zero, livello di amor proprio ai minimi storici. Sembra insomma essere arrivato finalmente quel momento in cui si mettono da parte tutte le considerazioni inerenti il resto e si parla esclusivamente dei giocatori.
Il tecnico rossonero ha usato parole nette e pesanti alla fine della partita dell’Olimpico, pur senza puntare il dito verso qualche giocatori in particolare. Forse non è stato il massimo della diplomazia, ma a volte è giusto mettere davanti alle proprie responsabilità i protagonisti di un gruppo.
Pioli, al Milan da poco, si è reso conto di uno dei mali atavici di questa squadra, ossia un gruppo di giocatori bravini, non eccezionali, alcuni anche con discreta prospettiva, che hanno il vizio di adagiarsi fin troppo facilmente.
Alle prime vittorie ci si siede e alle prime difficoltà si mettono da parte le risorse emozionali e la voglia di rivalsa, perchè il livello del gruppo è mediocre: si pensa in piccolo per non essere costretti a prendersi troppe responsabilità.
Ed allora, se questi sono i problemi, il cambio di struttura con la difesa a tre e mezzo potrà essere certamente molto utile, ma non risolverà il problema che sta alla base di un gruppo che, non appena si alza una certa soglia, preferisce giocare a nascondino.

Capitan Uncino

 


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