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Il cupio dissolvi che aveva caratterizzato l’ultimo periodo della gestione Fininvest-Galliani, con tanto di fiction Mr. Bee e dama Bianca, sembrava essersi concluso con l’arrivo di Li Yonghong.
I cinesi volevano un forte segnale di discontinuità col passato, sia a livello aziendale, sia di squadra.
Quindi si vide all’opera il duo delle meraviglie Fassone-Mirabelli, che rovesciarono la società sostituendo chiunque avesse ancora un’allure dell’epoca berlusconiana, e iniziarono la querelle con l’UEFA.
E fu la prima rivoluzione, anche se Montella fu confermato in panchina per poi essere esonerato con l’arrivo di Gattuso. Ma il regno cinese durò un anno.
Giusto ai primi di luglio del 2018 il fondo Elliot, con un’operazione che definire singolare è un eufemismo (mai visto nessuno perdere 5-600 milioni di euro e non batter ciglio), si autoincoronò sul trono dell’AC Milan. E continuò la sfida con la UEFA.
Carta bianca, ma poco tempo a Leonardo e all’apprendista Maldini per allestire una squadra che alla fine risulterà incompleta. Ma in società l’epurazione dei cinesi e uomini da loro insediati fu feroce, a partire dal licenziamento in tronco per Fassone. Gazidis arrivò ufficialmente a dicembre. Gattuso fu confermato ma ha mollato a fine campionato.
E’ passato un anno ed Elliott è ancora in lite con l’UEFA, abbiamo cambiato allenatore, abbiamo un DS, Maldini è stato promosso e ha convinto Boban ad entrare in società. Ennesima tabula rasa a livello dirigenziale e tecnica. Via i giocatori in scadenza, via i prestiti, via lo staff tecnico, incognite su chi parte, chi rimane e chi arriverà.
Tre rivoluzioni in tre anni.
Quante società potrebbero far bene in un simile contesto che destabilizzerebbe chiunque?
Speriamo che da adesso in poi all’AC Milan i colpi di scena siano finiti. Si può solo migliorare.
PS: si vocifera che abbiano sentito dalle parti di via A. Rossi qualcuno che cantava a squarciagola: “Cerco un centro di gravità permanente…”.