La visione di Gazidis Il manager sudafriano disegna la sua idea di Milan nei prossimi anni

31/05/2019

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L’intervista di Ivan Gazidis alla Gazzetta dello Sport, rilasciata mercoledì scorso, rappresenta una sorta di manifesto delle intenzioni e dei progetti del fondo Elliott.
Il colosso americano è diventato proprietario del Milan nel luglio del 2018 e, non potendo programmare la stagione nascente nel modo più opportuno, ha delegato la gestione sportiva a Leonardo.
Ivan Gazidis, nominato Amministratore Delegato del club rossonero soltanto nel settembre del 2018, si è poi insediato nella carica ad inizio dicembre e, nei suoi primi mesi, ha scelto di parlare molto poco.
Per sua stessa ammissione al giornale milanese, l’ex amministratore delegato dell’Arsenal ha preferito osservare, studiare la situazione, capire come funziona il mondo Milan prima di esporsi pubblicamente. Il suo è stato un approccio assolutamente rispettoso e non da primadonna che vuole emergere.
Sei mesi dopo, l’A.D. del Milan si presenta con un’intervista molto dettagliata al principale quotidiano sportivo italiano; in essa espone in maniera molto chiara la sua visione del calcio del mondo moderno e la sua idea di Milan.
Gazidis fa capire che oggi parlare ancora del mecenatismo applicato allo sport non ha molto senso. Servono società solide, che abbiano una forte programmazione improntata alla crescita nel lungo periodo e che siano sostenute da proprietà stabili.
Non condivide gli “all in” su una singola stagione. Preferisce una programmazione lineare, coerente, seria, che possa portare nel lungo periodo frutti importante. Il suo obiettivo non può essere la vittoria del campionato prossimo.
Gazidis ragiona da manager. La sua idea principale è quella di riportare il Milan nel gotha del calcio europeo e vuole farlo seguendo delle direttive molto ben tracciate nell’intervista rilasciata alla Gazzetta dello Sport.
A giudizio del manager sudafricano infatti il Milan deve modernizzarsi. Deve farlo non abbandonando il suo passato glorioso, ma smettendo di vivere prigioniero di esso, in una sorta di autocelebrazione vuota.
Un certo modo di approcciare al calcio (tradotto: il presidente che mette i suoi soldi e il dirigente che fa lo squadrone) non è più proponibile in un momento storico in cui i principali club europei fatturano quasi mezzo miliardo di euro all’anno.
Serve dotarsi di una struttura importante dal punto di vista societario, serve una crescita progressiva del valore del club, è necessario un innalzamento del fatturato e del contesto tecnico di tutta la squadra.


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Le sue non sono promesse di fasti eccezionali, ma sono state argomentazioni estremamente pregnanti e condivisibili sulla mancanza di basi nell’attuale Milan. Basi finanziarie, di crescita sostenibile, di aumento delle risorse e di una loro migliore allocazione.
Gazidis insomma ha parlato da dirigente di alto livello. Ha premesso di non voler promettere sogni impossibili o addirittura la luna. Ha però garantito serietà, ha specificato che non c’è una deadline da parte del fondo Elliott, ha spiegato che il percorso sarà medio-lungo.
Ha, inoltre, reso chiaro che investire su profili giovani da acquistare non è una scelta che viene fatta per rendere il Milan una bottega cara che poi rivende i suoi giocatori al mero fine di fare delle plusvalenze.
Nulla di tutto ciò. Dei giocatori che prenderà, il Milan punta a farne dei cardini per il futuro, un futuro che dovrà essere lungo, non confinato ad una singola stagione. Si opta per profili mediamente giovani perché hanno, per ovvie ragioni, una prospettiva di carriera molto più ampia rispetto a campioni già affermati.
Gazidis, in definitiva, ha illustrato la sua idea di Milan e la necessità di andare oltre gli obiettivi del momento, al fine di creare una struttura societaria forte e duratura nell’arco dei decenni. Quanto questo progetto avrà valore lo diranno i fatti. Nell’attesa è giusto dare una manager sudafricano una doverosa apertura di credito.

Capitan Uncino

 


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