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Andare a giocare contro i biancocelesti, a Roma, con una squadra che vedeva in infermeria tanti titolari, con un modulo del tutto inedito e soprattutto dopo una sosta che, tendenzialmente, non è mai seguita da grandi prestazioni, poteva essere una tragedia annunciata.
Tanti tifosi e giocatori del fantacalcio nutrivano poche speranze di vedere una squadra gagliarda all'olimpico perché troppe erano le perplessità.
A parte gli infortunati, gli unici assenti non giustificati erano Higuain e la FIGC.
Il primo perché non è intelligente: mai e poi mai, farsi espellere per proteste perché non servono a niente. I secondi perché a questo punto si troveranno costretti a sospendere le partite di tutte le categorie a causa del fatto che la frase "perché sempre a me", diventando insulto, tramuta in giallo quasi ogni fallo! Incoerenti nel profondo perché, nel caso in cui il direttore di gara avesse dichiarato qualcos'altro, avremmo a che fare con dei falsari e quindi truffatori. Al limite della fantascienza.
Ma torniamo all'Olimpico. Il Milan scende in campo molto attento, con i ragazzi pronti a proporsi ma molto preoccupati di coprire. Non ce n'è, si vede che è un Milan diverso, messo alle strette dai biancocelesti che sono vogliosi di affermare la propria classifica sui diretti inseguitori in chiave Champions.
Una partita che sembra incanalata sul binario della sconfitta onorevole per i rossoneri, che sputano sangue per chiudere le linee di passaggio e ripartire.
Il palo del primo tempo è stato un lampo di Calha, ma niente di più.
Nel secondo tempo, complice un lieve calo loro, il Milan inizia a imbastire qualche trama e trova un gol su una discesa sontuosa di Kessie che viene premiata da una deviazione fatale.
Il Milan però è messo alle corde sul serio, la reazione della squadra dell'Inzaghi sbagliato è veemente. Ma resiste.
Restiste a quasi tutto, ma non all'ultimo tiro.
Risultato meritato, onesto e forse generoso.
La grinta e la determinazione della squadra, in ogni singolo e nel gruppo è stata perfetta, segno indelebile della volontà del Mister di trasmettere quella "garra" che troppo spesso è mancata. Il sacrificio è una qualità importante per una squadra, soprattutto se non è di vertice, che associata alla capacità di comandare il gioco, come si è visto nel passato recente, forma un connubio perfetto per una squadra che vuole crescere.
A proposito dell'incongruenza della FIGC: se un allenatore di seconda categoria, una volta espulso dall'arbitro, ripetutamente e platealmente si rifiutasse di uscire, tanto da ritardare di parecchi secondo la ripresa del gioco, che squalifica si beccherebbe? No, perché l'Inzaghi, sempre quello sbagliato, se l'è cavata senza saltare una gara.
Se questa è la rivoluzione che vuole Gravina, forse è meglio che inizi a cambiare le penne in via Allegri (Gregorio, non Massimiliano) che forse può ottenere risultati migliori.
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