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Dopo mesi e mesi a sentir parlare di “cinesi che non esistono”, “Yonghong Li povero in canna”, “porteremo i libri in tribunale”, “Il Milan è indagato per operazioni finanziarie sospette”, e altre notizie sempre sullo stesso tenore, lascia perplessi il silenzio che è sceso sulla vicenda.
Adesso che la squadra guidata da Gattuso sembra sulla via della ripresa, pare che le voci abbiano perso fiato.
Però in cambio si scopre che il governo cinese, in una nota del 31 gennaio, ha diramato un elenco nel quale sono stati precisati i settori nei quali le imprese locali subiranno delle limitazioni per quel che concerne gli investimenti all'estero per l'anno 2018, proseguendo sulle direttive delle imposizioni degli ultimi mesi. In pratica, il governo di Pechino ha voluto mettere un freno alla fuga dei capitali dal Paese. Niente di nuovo, ma la stretta colpirà anche il real estate, il comparto alberghiero e vari settori dell'entertainment, come il cinema e soprattutto i club sportivi. E tutto questo è stato messo in relazione all’Inter del gruppo Suning che ha la sede a Nanchino, che di fatto vedrà il proprio mercato sotto stretta sorveglianza, costringendo il club all’autofinanziamento o quasi. E voci in ambiente finanziario parlano di Suning che abbia già contattato un advisor per cedere la società.
E il Milan?
La nuova proprietà del club rossonero ha sede a Hong Kong, dove queste imposizioni valgono fino ad un certo punto se non per nulla. Giova ricordare che Hong Kong gode di uno status speciale rispetto al resto della Cina. Non per niente le sedi delle grandi banche d’affari sono lì (ci sarà un motivo) e non l’hanno mai spostata in altre città della Cina.
Anche su questo si basava la strategia di Yonghong Li (e di chi gli sta dietro) e del fondo Elliott.
Non tutti i cinesi sono uguali...