Il Milan di Inzaghi, il Milan di Inzaghi.
Non si parla d'altro, dimenticando che i Milan di Sacchi, Capello e Ancelotti sono stati i loro Milan solo quando hanno vinto e analizzando le rose a disposizione Inzaghi impallidisce.
L'entusiasmo e la voglia di fare non mancano e l'impegno è certamente esemplare.
Detto questo, per vincere c'è bisogno dell'allenatore, di una squadra solida e tecnicamente valida e di una società seria alle spalle.
In questo momento la situazione, senza guardarla con troppo cinismo, è la seguente:
- un allenatore esordiente
- una rosa non competitiva
- una società alla deriva
A questo punto mancano i tre pilastri su cui si fonda una squadra che punta a essere protagonista sui campi, almeno italiani.
Si può porre rimedio?
Per l'allenatore i prodromi ci sono, in termini di dedizione, team di collaboratori, applicazione. Bisognerà valutare come si comporterà nella gestione degli uomini e la reazione in campo dopo le scoppole americane ci suggeriscono che molto c'è da fare almeno sul piano caratteriale.
Per la rosa i problemi sono seri. Alcune carenze sono croniche, pensando alle fasce, e altre sono nuove.
Menez e Alex non garantiscono un netto salto di qualità, c'è l'incognita Balotelli e tutto il centrocampo è ripensare.
Il portiere, poi, sembra essere l'ennesima incognita e anche in questo caso non si capisce perché non ci si sia meglio programmati o almeno tentato la strada interna Gabriel: ripartire da zero e con tre portieri non titolari è una situazione che non si ricorda nel calcio italiano.
Arriviamo alla società, nota dolente.
Barbara Berlusconi apre al nuovo e Adriano Galliani appoggia Tavecchio nonostante tutto è l'emblema di come i due AD vedano il calcio in modo differente.
A questo elemento, già grave, si deve aggiungere un Presidente che avvalla anni di mercato assurdo per poi affermare che lui i soldi li spende. La stagione dei proclami societari è finita, bisogna rifondare, che non vuol dire necessariamente spendere cifre enormi, ma spendere bene.
G.B.